Il travestitismo teatrale e l’Aida di Roberta Torre

Aida, il nuovo spettacolo di Roberta Torre che vede nei ruoli della principessa etiope Aida e della figlia del faraone, Amneris, rispettivamente Ernesto Tomasini e Massimo Vinti, sembra un ottimo “luogo” per riflettere sulla non unidirezionalità del travestitismo come codice vestimentario.

Malesoulmakeup ha seguito la produzione di Aida, osservandone la costruzione e catturando il making of sul palco e nei camerini.

Un catwalk al ritmo di sonorità elettroniche per due antagoniste che si fondono in una scenografia rossa che le risucchia dentro e di continuo. Aida e Amneris, l’una biondo-giallo si presenta come una “donna in rosso” a metà tra il ricordo camp di Pink flamingos e un uccello esotico dalle noti acute e gravi; l’altra è interamente blu, dai capelli, al trucco, fino agli abiti. Pose da avanspettacolo per l’una e da cattiva dei cartoni animati per l’altra.
Lo spettacolo, che ha debuttato il 19 febbraio 2014 al Teatro Stabile Biondo di Palermo, riporta per l’occasione in città Ernesto Tomasini, che interpreta una poliedrica Aida tra riferimenti circensi, di cabaret e di grandi nomi del teatro performativo, da Klaus Nomi a Paolo Poli, omaggiando alcune movenze di Barbra Streisand, Mina e Patty Pravo. 

Abbiamo incontrato gli attori del cast nei loro camerini per conoscere il loro punto di vista sui loro personaggi e cercare di capire se “en travesti” categorizzi un’opera in un contesto queer o semplicemente sia solo un corredo culturale da sartoria teatrale.

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Making of Aida
Documentary by Francesco Paolo Catalano

Aida
Ernesto Tomasini: Aida non è uno spettacolo queer. L’unica cosa queer è, probabilmente, la natura di alcuni degli attori. Il reale scopo di questa Aida è il restituire la magia del teatro al teatro, con un testo che si avvicina più alla poesia cavalleresca di Alfieri.
La tradizione teatrale, dai riti sciamanici alla tragedia greca, fino al teatro elisabettiano, è connaturata da un utilizzo di attori uomini che interpretano ruoli femminili, senza che questo equivalga ad una definizione di “teatro queer”. Queer è già un linguaggio teatrale, e non viceversa.
Nell’aldilà – ultimo atto dell’opera – si smette di essere uomini e donne e l’amore è universale e privo di connotazioni di genere.

Malesoulmakeup: Chi è la tua Aida?
Ernesto Tomasini: Aida non c’è mai, si esprime solamente in musica. Ne parlano e la sognano. È l’incubo di Amneris e il sogno di Radamès. Non si conclude e interpreta una non esistenza.
Nell’opera di Giuseppe Verdi, Aida da essere umano diventa voce senza corpo. Nella rivisitazione di Roberta Torre, Aida esiste solo nell’aldilà, come clown in un circo. Aida è rosso come un petalo di una rosa: “Non possono respirare il rosso delle nostre rose” (sospira Aida a Radames prima di un ultimo bacio).

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Ernesto Tomasini – Aida

Amneris
Massimo Vinti: Il travestitismo è inesistente in questo percorso. Io ho lavorato su una persona al di là del genere. Amneris è la gelosia, l’invidia e l’amore impotente: una donna manovrata da dinamiche di frustrazione che strumentalizza il suo status sociale per ottenere ciò che non può avere. Amneris non sa accettare la sua sconfitta, non sa vivere e utilizza, nella lotta amorosa, strumenti di potere politico per l’incapacità di comunicare mediante dei codici emotivi.
Aida è queer come linguaggio teatrale, ma non c’è un interesse né politico né poetico di raccontare il “Queer”.

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Massimo Vinti – Amneris

Radamès
Rocco Castrocielo: Radamès è l’unico essere umano in questa Aida. È l’unico che vive realmente d’amore. Aida è quasi una dea e Amneris si presenta come una caricatura di sentimenti.
Radames vive un’evoluzione inversa rispetto agli altri personaggi: da burattino diventa un uomo. È, forse, l’unico che si conclude, e lo fa in una lingua sonora e allegorica. Un uomo contemporaneo pervaso da emozioni agglomerate in bolle e percorse da un fiume di informazioni, per il quale la vita reale diventa un incubo per via di un amore interrotto.
Aida non è uno spettacolo queer, perché non lo è nell’intento della dinamica stilistica.

Il domatore
Salvatore D’Onofrio: Il mio personaggio è una sorta di Kapo portato alle alte sfere del comando. È la vittima principale del potere, che usa il male per riscattarsi, esercitando su una frusta un esercizio di dominanza effimera.

Le volpine
Silvia Ajello: La volpe è l’asessualità e il gioco.
Giuditta Jesu: Ho usato l’aggressività dell’animale a cui viene toccato il cucciolo da difendere. La mia volpe è femminilità intesa come quell’istinto primordiale di protezione e aggressività.
Aurora Falcone: Abbandonando la morbidezza femminile, la volpe acquista l’intuizione per far fronte agli eventi e scampare i pericoli.

Questa Aida è una spettatrice di un pubblico che si riflette costantemente in uno specchio frammentato e multiforme, che svela il gioco della vestizione di genere, sociale e principalmente teatrale.

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Ernesto Tomasini as Aida, directed by Roberta Torre
Teatro Stabile Biondo, February 19th 2014, Palermo
Photography: Francesco Paolo Catalano

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Un cappuccetto rosso queer: Ernesto Tomasini
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