“Vissi d’arte, vissi d’amore”: gli amori saffici di Frida Kahlo

viver ardendo e non sentire il male
Gaspara Stampa

Frida Kahlo

Gli studiosi di Frida Kahlo (1907-1954) si sono sovente soffermati a descrivere e analizzare il suo difficile matrimonio con Diego Rivera (1886-1957), l’impossibilità di avere figli e le molte relazioni extraconiugali con amanti del sesso opposto, trascurando invece quelle omosessuali.

Guillermo Kahlo, Frida in Men’s Clothing, 1926

Negli ultimi anni gli amori saffici di Kahlo sono stati portati a conoscenza e all’attenzione del grande pubblico grazie all’adattamento cinematografico della famosa biografia di Hayden Herrera (Frida. A life of Frida Kahlo, HarperCollins, New York 1983), diretto da Julie Taymor (Frida, 2002), con l’attrice Salma Hayek nelle vesti della pittrice messicana.

Indubbiamente, della vita privata di Frida Kahlo colpiscono e al tempo stesso affascinano la naturalezza e l’assoluta libertà con cui la pittrice visse le sue numerose avventure lesbiche. Frida non tentò mai di celare i suoi amori saffici, sebbene fossero in molti casi soltanto emotivi o platonici, dal momento che essi rappresentavano l’affermazione della sua diversità e, nel contempo, erano il vessillo della sua libertà e autodeterminazione. Infatti, se da una parte le relazioni amorose di Kahlo con le donne servivano a esprimere la sua sessualità e il suo intenso bisogno di amare ed essere amata, dall’altra rappresentavano una forma di ribellione, di sfida nei confronti dei ruoli sessuali codificati e dei comportamenti prestabiliti dalle convenzioni borghesi, misogine e patriarcali.

Emmy Lou Packard – ‘Frida Kahlo’, Coyoacan , 1941

In Messico, durante il periodo post-rivoluzionario, le donne della generazione di Frida Kahlo arrivavano all’emancipazione principalmente per il tramite della politica; probabilmente anche per la stessa ragione la pittrice si iscrisse al Partito Comunista Messicano. Inoltre, come Sarah M. Lowe afferma, “il partito presentava anche un’altra attrattiva: la presenza e la militanza di numerose donne dinamiche la cui indipendenza e autodeterminazione possono aver incoraggiato la pittrice a unirsi a loro” [cit. da Rosanna Fiocchetto, Frida. La rivoluzione dell’immaginario]. Molto probabilmente esercitarono un certo fascino su Frida Kahlo: la russa Aleksandra Kollontaj (1872-1952), che visse in Messico dal 1925 al 1926 come ambasciatrice di Mosca; la fotografa di origine italiana Tina Modotti (1896-1942); la ballerina, coreografa e pittrice Rosa Rolando (1897-1962) [Ibidem].

foto di Tina Modotti, “Diego Rivera e Frida Kahlo alla manifestazione del 1° maggio”, 1929

Frida Kahlo, dunque, ricalca il modello della “donna emancipata” che si ribella al tradizionale stereotipo misogino secondo cui la donna era un mero oggetto del desiderio maschile. Pratica con disinvoltura il travestitismo, “mi vestivo da maschio, con capelli cortissimi, pantaloni, stivali e giacca di pelle” [cit. da Ibidem], vivendo con diletto la propria sessualità, senza riluttanze o pentimenti, diritto che spettava per tradizione agli uomini.

Guillermo Kahlo, Frida in Men’s Clothing, 1926

Infatti, nella biografia di Herrera si legge: 

Il più delle volte, quando Frida prendeva la macchina per la giornata, era perché aveva appuntamento con un amante, uomo o donna. L’omosessualità di Frida, manifestatasi traumaticamente durante l’ultimo anno della scuola nazionale preparatoria, era riemersa subito dopo l’ingresso nell’ambiente bohémien e spregiudicato di Diego, dove l’amore tra donne erano comuni e ammessi. Frida non si vergognava della sua bisessualità [Hayden Herrera, Frida. Vita di Frida Kahlo, trad. di Maria Nadotti, B.C. Dalai editore, Milano 2010, pp. 131-132].

Frida Kahlo ca. 1943

A tal riguardo, esemplare resta un aneddoto che qui citiamo dalla stessa biografia:

Lucienne Bloch ricorda una certa mattina a Detroit; si stavano attardando attorno alla colazione domenicale, quando Rivera aveva puntato il dito verso Frida e colto di sorpresa Lucienne dicendo: “Sai che Frida è omosessuale, vero?” L’unica a sentirsi imbarazzata era stata Lucienne. Frida si era limitata a ridere quando Diego aveva proseguito raccontando come avesse flirtato con Georgia O’Keeffe alla galleria di Stieglitz e come lui fosse convinto che “le donne sono più civilizzate e sensibili degli uomini, perché gli uomini sono sessualmente più semplici”. L’organo sessuale maschile è “in un solo posto”, disse Rivera. Mentre quello delle donne è “in tutto il corpo e perciò due donne insieme devono avere esperienze molto più straordinarie” [Ibidem, p. 132].

Frida Kahlo

Su ispirazione delle parole or ora citate di Rivera, la scrittrice francese Rauda Jamis, nella sua biografia romanzata Frida Kahlo, ricostruisce la sessualità della pittrice:

Un giorno un uomo mi ha detto che facevo l’amore come una lesbica. Sono scoppiata a ridere. Gli ho chiesto se era un complimento. Mi ha risposto di sì. Allora, gli ho raccontato che a mio avviso una donna gode con tutto il corpo, e che questo era il privilegio dell’amore fra donne. Una conoscenza più profonda del corpo dell’altra, suo simile, un piacere più totale. Il riconoscimento di un’alleata. Nonostante l’avventura molto superficiale in cui ero stata coinvolta nella mia adolescenza, non sono sicura, se non avessi avuto l’incidente, che non avrei di nuovo sperimentato l’amore con un’altra donna.” [Rauda Jamis, Frida Kahlo, trad. di Flavia Celotto, TEA, Milano 2003, p. 212].

Florence Arquin, ‘Frida’, 1938

Tuttavia, Jean van Heijenoort (1912-1986), essendo stato molto vicino a Kahlo, ricorda: “Frida aveva molte amanti e molte amiche lesbiche” [cit. da H. Herrera, op. cit., p. 132]. In effetti, la pittrice messicana durante la sua vita condivise diversi gradi d’intimità con molte donne con cui ebbe a che fare: artiste, poetesse, attrici, semplici amiche, confidenti, compagne, infermiere [vd. Luana Pacioni, Allo specchio con Frida Kahlo].

Frida Kahlo con Emmy Lou Packard, 1941

L’attrazione di Frida per le donne si può individuare già nella sua prima infanzia, quando strinse un tenerissimo e duraturo rapporto con l’amica Isabel Campos, ma si intensifica durante i suoi ultimi anni: “con il passare degli anni e via via che le sue condizioni fisiche le rendevano più difficili i rapporti con l’altro sesso, Frida si rivolse sempre di più verso le donne, sovente le donne legate sentimentalmente a Diego in quel momento” [H. Herrera, Frida. Vita di Frida Kahlo, cit., p. 247].

Jacqueline Lamba e Frida Kahlo, 1938

Fra le tante amanti o amiche intime di Kahlo si possono ricordare: la rivoluzionaria cubana Teresa Proenza, Elena Vàsquez Gòmez, l’artista Machila Armida, la poetessa Pita Amor, la cantante Chavela Vargas, con la quale convisse per un certo periodo, l’attrice Maria Félix, quest’ultima dipinta tra le sue sopracciglia in un autoritratto, nonché l’amante ventiduenne della stessa Félix, una bellissima rifugiata spagnola che le fa da infermiera e dama di compagnia. Ebbe contatti anche con l’attrice lesbica Dolores del Rio, cui regala il quadro intitolato Due nudi in una foresta, raffigurante due donne in un esplicito atteggiamento erotico. Oppure si può ancora ricordare Judith Ferreto, una lesbica costaricana che Frida chiama scherzosamente “generale fascista”, per il carattere irremovibile [R. Fiocchetto, op. cit.].

Frida Kahlo, Due nudi nella foresta, 1939

Inoltre, pare che per un certo periodo la figlia della marchesa Casati, Cristina Casati Hastings, ebbe una breve storia d’amore con Kahlo [vd. Patrick Marnham, Dreaming With His Eyes Open: A life of Diego Rivera, California 2000], durante la quale quest’ultima disegnò un ritratto dell’amica:  “Un disegno a matita dice molto dell’altezzosa e sofisticata Lady Cristina Hastings, nata a Milano e educata a Oxford. L’aristocratica signora oscillava tra stati di noia assoluta e rabbia o umorismo esplosivi, che Frida trovava congeniali e divertenti.” [vd. H. Herrera, Frida. A biography of Frida Kahlo, Bloomsbury Publishing, London 2003, p. 122; questo frammento non compare nell’edizione italiana consultata(!)].

Frida Kahlo, ritratto di Lady Casati Hastings

Le due amiche s’incontrarono a San Francisco, dove il visconte Hastings, da tempo interessato all’opera muralista di Rivera e intenzionato a conoscerlo, vi si era trasferito insieme alla moglie. Tra i quattro nacque un’amicizia che durò fino agli anni Trenta [Scot D. Ryersson, Michael Orlando Yaccarino, Infinita varietà. Vita e leggenda della Marchesa Casati, prefazione di Quentin Crisp, trad. di Elisabetta De Medio, Corbaccio, Milano 2003, pp. 234-235].

Man Ray, Jacqueline Lamba, 1930

Ma ancora esemplare resta il rapporto che ebbe con la bellissima moglie di André Breton, Jacqueline Lamba (1910-1993); sicché alquanto eloquente risulta essere un frammento della lettera che Kahlo invia alla pittrice francese nell’aprile del 1939:

Da quando mi hai scritto, in un giorno così limpido e lontano, volevo spiegarti che non posso allontanarmi dai giorni né tornare indietro nel tempo fino a un’altra epoca. Non ti ho dimenticata – le notti sono lunghe e difficili. L’acqua. la nave, il molo e la partenza che ti rendeva così piccola ai miei occhi imprigionati in quella finestra rotonda che guardavi per conservarmi nel tuo cuore. Tutto ciò è intatto. Poi vennero i giorni, nuovi di te. Oggi vorrei che il mio sole ti toccasse. La tua bambina è la mia bambina, i burattini, sistemati con ordine nella grande stanza di vetro, appartengono ad entrambe. Lo huipil con i nastri violetti e rossicci è tuo. Mie le vecchie piazze della tua Parigi […]” [cit. da R. Fiocchietto, op. cit.]. 

Tina Modotti e Frida Kahlo ca.1928

Inoltre, Kahlo – in segno d’amore – era solita appendere alla spalliera del letto alcune fotografie, tra queste vi era quella di Pita Amor, e scrivere a caratteri rossi i nomi delle persone che amava, il nome di María Félix è il primo della lista che adorna la camera da letto di Coyoacán:“Casa di Irene Bohus, Camera di María Félix, Frida Kahlo e Diego Rivera, Elena [Vazquez Gomez] e Teresita [Poenza], Coyoacán 1953, Casa di Machila Armida.” [cit. da R. Jamis, op. cit., p. 230].

Frida Kahlo con Chavela Vargas

Come si evince dalla lista, il nome della stessa pittrice appare accanto a quello del marito. Infatti, la pietra di paragone restava sempre Rivera, suo maestro e consorte. Kahlo stessa scrisse a uno dei suoi amanti che soltanto Diego avrebbe sempre occupato il posto più caldo del suo cuore.

Nickolas Muray, Diego e Frida, 1939.

Durante i mesi che seguirono il suo ritorno a San Angel Frida divenne sempre più la compañera e la complice di Diego. Lo assecondava, lo curava quando era ammalato, lottava contro di lui, lo puniva e lo amava. Lui la sosteneva, era orgoglioso dei suoi successi, ne rispettava le opinioni, la amava… e continuava a scopare a destra e a sinistra. Adesso, sempre più di frequente, lo faceva anche lei [H. Herrera, Frida. Vita di Frida Kahlo, cit., p. 131].

Le numerose relazioni extraconiugali, sia con donne sia con uomini, che la pittrice intrattenne con lo stesso trasporto romantico e passionale di sempre, erano sicuramente dovute alla difficile realtà coniugale che viveva con Rivera e al fatto che doveva confrontarsi continuamente con un amore non ricambiato con la stessa intensità. Rivera, dal canto suo, che aveva un debole per donne forti e indipendenti, sovente lesbiche, la spingeva tra le braccia delle sue amanti (per esempio, Frida diventa amica della ex moglie del consorte Guadalupe Marín), o delle donne che egli corteggiava invano, e talvolta se ne innamorava (come nel caso di María Félix), mentre dimostrava un forte e talvolta violento sentimento di gelosia nei confronti degli uomini. La loro unione appare subito caratterizzata da un’accentuata ambivalenza:

La tua sessualità è ambigua, si legge nei tuoi quadri», a volte mi è stato detto. Credo che alludessero alle opere in cui il mio viso ha tratti mascolini, o ad alcuni particolari: in un tale quadro, to’, c’è una lumaca, simbolo di ermafroditismo… Ah, sì, e i miei eterni “baffi”! A questo proposito, devo confessarlo: è una storia con Diego. Una volta mi sono azzardata a depilarli, ed è andato su tutte le furie. A Diego piacciono i miei baffi, segno di distinzione, nell’Ottocento, delle donne della borghesia messicana che in al modo stentavano le loro origini spagnole (l’indio, si sa, è imberbe). Credo che l’individuo sia molteplice: un uomo porta il segno della femminilità; una donna porta l’elemento uomo; entrambi portano in sé il figlio [R. Jamis, op. cit., p. 212].

Frida Kahlo e Diego Rivera

Diego è eccitato dall’aspetto androgino di Frida, mentre la moglie dal grasso seno del marito:

È vero comunque che tanto Frida che Diego avevano sempre avuto un ben preciso versante androgino; entrambi erano attratti da ciò che del proprio sesso vedevano nel partner. Rivera amava «l’aria da ragazzino» di Frida e i suoi baffi da «Zapata»: una volta che se li rasò, andò su tutte le furie. Del marito lei amava la morbidezza e la vulnerabilità e anche i seni da uomo grasso; era quella la parte di Diego che Frida sapeva le avrebbe assicurato per sempre il bisogno del marito [H. Herrera, Frida. Vita di Frida Kahlo, cit., pp. 247-248].

La stessa Kahlo scrisse di Rivera: “Del suo petto bisogna dire che, se fosse sbarcato sull’isola governata da Saffo, non sarebbe stato giustiziato dalle guerriere. La sensibilità dei suoi seni meravigliosi lo avrebbero fatto ammettere. Persino così la sua virilità, così specifica e strana, lo rende desiderabile anche dove dominano imperatrici avide di amore mascolino” [cit. da Ibidem, p. 248].

L’amico della pittrice, van Heijenoort, nel suo libro di memorie In esilio con Trockij. Da Prinkipo a Coyoacan (Feltrinelli, Milano 1980) sottolinea il fatto che il lesbismo di Kahlo “non la rendeva mascolina. Era una specie di efebo, con l’aria da ragazzino e allo stesso tempo enfaticamente femminile” [cit. da H. Herrera, Frida. Vita di Frida Kahlo, cit., p. 132]. Un aspetto di cui ella si riappropriava ogni volta che si separava da Rivera, tagliandosi i capelli e indossando i pantaloni; inoltre, questo era un modo per liberarsi dei simboli codificati del femminile al fine di sancire la propria indipendenza: “Che nei tardi anni quaranta la parte mascolina di Frida si facesse più pronunciata è visibile negli autoritratti: diede ai suoi lineamenti un tocco più mascolino che mai, facendosi i baffi ancora più scuri di quanto in realtà non fossero” [Ibidem, p. 248]. 

Frida Kahlo, “Autoritratto con i capelli tagliati”, 1940

Nella sua arte, a carattere fortemente autobiografico, se da una parte Kahlo si rappresenta come amazzone (vd. Autoritratto con i capelli tagliati, 1940), donna emancipata da qualunque stereotipo sociale, culturale e sessuale, dall’altra però fissa sulla tela un’immagine fortemente femminile, seducente, di moglie attenta nel compiacere il marito.  

Anche il lesbismo di Kahlo non è mai esplicito nelle sue tele: Come tutto ciò che riguarda la sua vita intima, il lesbismo di Frida appare nella sua arte. Ma non apertamente. Insieme all’amore di sé e alla dualità psichica. È suggerito negli autoritratti doppi e emerge in molti dipinti come una specie di atmosfera, una sensualità così profonda da essere sgombra delle polarità sessuali convenzionali, una fame di intimità così urgente da ignorarle differenze di genere” [Ibidem, p. 132].

Frida Kahlo, Le due Fride, 1939

Concludendo, Frida Kahlo spese la sua vita in una coraggiosa battaglia contro la sofferenza e le avversità che riuscì ad affrontare con un’incredibile forza creativa; forza che le venne, oltre da se stessa, dal suo profondo bisogno di amare e di essere amata sia da uomini sia da donne: Tlazolteotl, dea dell’amore, dev’essere stata dalla mia parte. Sono stata amata, amata, amata – non abbastanza, ancora, perché non si ama mai abbastanza, poiché una vita non basta. E ho amato incessantemente. Nell’amore, nell’amicizia. Uomini, donne[R. Jamis, op. cit., p. 212].

Guillermo Kahlo, Frida in Men’s Clothing, 1926